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lunedì 31 luglio 2017

Chi fa BDSM? Due ricerche e un’intervista

di Ayzad

La scienza ha cominciato a studiare sporadicamente il BDSM e le persone che praticano giochi erotici di dominazione nel 1920, quando era ancora considerato un tutt’uno col sadomasochismo patologico. I risultati variavano a seconda di come venisse definito l’oggetto dello studio, ma il consenso generale è sempre stato che questo tipo di attività fosse molto più comune e innocuo di come lo descrivessero i mass media. I “pervertiti” si sono anzi dimostrati personcine piuttosto ammodo, come rivelato per esempio da queste ricerche:
  • Sopportano meglio lo stress – Richters, 2008
  • Coltivano profonda fiducia e consapevolezza del corpo – Powell, 2011
  • In genere sono più felici della media – Wismejer, 2013
  • Sono meno sessisti – Simula, 2013
Poi naturalmente è arrivato 50 sfumature di grigio, che si è installato fra i dieci libri più venduti di tutti i tempi, e gli studiosi si sono entusiasmati per i giochini sozzi proprio come tutti gli altri. Ultimamente sono così spuntate più ricerche sull'argomento che mai, e due in particolare mi sono sembrate particolarmente interessanti.

La prima è stata condotta in Portogallo su un campione un po’ striminzito di persone e ha riscontrato, fra le altre cose, che chi fa BDSM lo apprezza né più né meno del sesso cosiddetto “vanilla”, ma durante i giochi di dominazione dichiara di avere meno tensione e problemi. In altre parole ciò conferma che più si reprimono le proprie fantasie erotiche, meno ci si diverte durante il sesso.

Questo dato appare particolarmente buffo quando si scopre che le persone intervistate hanno atteso una media di sei anni per passare dalla fantasia al realizzare i loro desideri (ma ciò può dipendere dal fatto che molti sono studenti con un’età media di 22 anni), e che quando finalmente l’hanno fatto… non hanno necessariamente messo in pratica i loro desideri più forti, ma altre pratiche simili. Nella maggior parte dei casi il motivo è stato semplicemente il non avere trovato partner interessati, e negli altri il timore di rivelare le proprie preferenze. La tabella qui sotto mostra che i giochi BDSM più amati sono:


e colonne di destra, sotto ‘Italia’, indicano i risultati di una ricerca simile condotta nel nostro paese da Alessandro Calderoni e Ludovica Gonzaga su 120 soggetti fra i 19 e i 65 anni, intervistati prima durante vari eventi BDSM, e poi tramite un ulteriore questionario online. Le diverse percentuali dipendono come sempre sia dalle diverse definizioni delle categorie che dalla composizione dei gruppi. Quello italiano, a proposito, era composto così:
  • 70% eterosessuali, 29% bisessuali, 1% gay
  • 40% sottomessi, 32% dominanti, 28 switch
  • 4% preferiscono il sesso vanilla al BDSM, 46% li vive con pari gradimento, 44% preferisce il BDSM, 6% fa solo BDSM
La parte più gustosa dei risultati italiani è tuttavia la profilazione psicologica. Rispetto alla media nazionale i praticanti hanno dimostrato queste differenze:
  • Evitano molto la vicinanza (+26%), specie i dominanti
  • Sono più aperti mentalmente ma meno amichevoli, in particolare le donne
  • I dominanti sono più stabili emotivamente
  • I punteggi di ansia e tristezza sono sotto la media
  • Mostrano meno ‘comportamento masochista’ (la cui definizione tecnica è: deferente, chiuso, lamentoso) rispetto alla popolazione generale!
  • Il 49% è più narcisista – e fra questi il 71% richiederebbe approfondimenti diagnostici
Dati come questi non potevano essere lasciati senza una spiegazione, così mi sono messo in contatto con il dottor Calderoni per approfondire sia i risultati che il mondo BDSM in generale. 

Ecco l’intervista:

A – Le linee guida del DSM per la diagnosi di un disturbo parafilico distinguono nettamente il sadomasochismo clinico dai giochi BDSM, però fra chi pratica queste forme di sessualità alternativa vige ancora una certa circospezione nei confronti delle istituzioni. L’impressione è che molte persone temano di essere discriminate o considerate malate da una società ancora ferma a criteri ottocenteschi. È solo paranoia, o questo atteggiamento è giustificato?

C – Credo di fatto che il DSM, cioè la nosografia descrittiva, abbia ritenuto strategico e necessario avvicinarsi a una lettura socialmente diffusa del gioco sessuale, limitando sempre più la soglia patologica. Aumentando il consumismo sessuale aumenta la noia, e aumentando la noia si diffondono capillarmente i tentativi di escogitare varianti allettanti. Inoltre la morale è sempre più individuale e meno collettiva, perciò ciascuno diventa emulo e limite di se stesso. Il che significa che o si ipotizza una società di devianti, o si aumenta la tolleranza verso l’inconsueto. Quindi se è doveroso e giusto adeguare l’osservazione e la catalogazione della sessualità allo zeitgeist, lo spirito del tempo, è però anche importante capire che non esiste un interruttore “sano-malato” che permetta di discernere con indiscutibile certezza quando un comportamento è un sintomo da quando è un semplice passatempo. Probabilmente il livello di esclusività e di cogenza della pratica, o la simbologia interna con cui la stessa viene vissuta dalla persona potrebbero dare indicazioni più specifiche.

A – Basandoti anche sulle vostre osservazioni personali, come valutate il profilo demografico dei soggetti che hanno partecipato alla ricerca? Corrisponde a un campione standard della società italiana, o rivela qualche anomalia significativa?

C – Empiricamente e spannometricamente si può dire che le persone over 35 sembrano avere un livello culturale e professionale elevato, mentre gli under 35 sono più affascinati dall’estetica e dalla ricerca di emozioni forti del bdsm. Più scientificamente parlando, le differenze si registrano in termini di profili di personalità: i praticanti bdsm risultano meno amichevoli, più mentalmente aperti, paradossalmente meno sadici e masochisti della popolazione normale.

A – I dati hanno indicato un 6% di individui che pratica BDSM come unica forma di sessualità. Da psicologo come interpreti questo numero?

C – In generale quando ci si trova di fronte a una scelta esclusiva è possibile riflettere sulle ragioni che vincolano il soggetto a quel comportamento. Come se a qualcuno piacesse soltanto una posizione sessuale, o un tipo specifico di partner. Significa che, per una percentuale della popolazione bdsm non così eclatante, la sessualità non è libera di esprimersi in più direzioni ma obbligatoriamente incanalata in quel contesto. Probabilmente si potrebbe rilevare che per questi soggetti esistono ragioni specifiche (o difficoltà specifiche) che vanno dal puro e semplice gusto al sisturbo.

A – Mi ha molto colpito scoprire che la popolazione BDSM sia risultata “meno amichevole” della media. Potresti spiegare la definizione di ‘amichevolezza’ e quali implicazioni ha nel concreto?

C – Nell’ambito delle teorie personologiche che si rifanno ai cosiddetti Big-Five la dimensione dell’amicalità è caratterizzata da due sottodimensioni: Cooperatività/Empatia e Cordialità/Atteggiamento amichevole. Nei soggetti bdsm queste dimensioni sono inferiori ai punteggi ottenuti dai campioni rappresentativi della popolazione generale italiana. Significa che si tratta di soggetti più chiusi, meno collaborativi, potenzialmente più egoisti, meno affabili e gentili, più ripiegati su se stessi.

A – Restando sull’argomento, il motivo per cui sono rimasto tanto sorpreso è che – soprattutto nelle occasioni sociali come feste, munch, ecc. – una critica ricorrente riguarda proprio l’eccesso di familiarità dei partecipanti, che ammazza un po’ l’erotismo della situazione. Cosa mi sfugge?

C – Nelle occasioni sociali in cui praticanti o curiosi di un medesimo argomento/comportamento si riuniscono per confrontarsi è normale e prevedibile che scatti un effetto community, una sorta di autoghettizzazione che tende a escludere il resto del mondo secondo una logica noi-loro, esattamente come per i partiti politici, le tifoserie calcistiche, eccetera. Il comportamento tra chi condivide lo stesso “segreto” è sicuramente differente da quello che mette in relazione le medesime persone con gli “altri”.

A – Quel 71% di personalità narcisistiche potenzialmente patologiche è piuttosto terrorizzante. È quindi inevitabile chiedere se ci sia davvero da spaventarsi e, se sì, come può fare una persona inesperta a riconoscere le persone che potrebbero rappresentare per lei un pericolo.

C – Ricordiamo che si tratta del 71% della metà dei partecipanti, non del totale. Patologia, inoltre, non significa pericolo: significa malessere. Il disturbo narcisistico di personalità è un grave disagio pervasivo e cronico caratterizzato da mancanza di empatia, egoismo, Sé grandioso e falso a fronte di una grave ferita interna che risucchia identità e autostima restituendo un continuo sforzo ipertrofico di rattoppare antichi vuoti di senso e di rispecchiamento. Solo raramente, in soggetti psicopatici, il tratto diventa potenzialmente socialmente pericoloso. Un vero narcisista è profondamente egoista, parla solamente di sé, le spara grosse, si arroga diritti inesistenti, si ritiene degno di ammirazione e invidia. All’esterno dona una sensazione di “montatura”. Da quel livello in giù, fino a chi si sente semplicemente “speciale” di diritto, le sfumature sono infinite.

A – A proposito: BDSM e narcisismo sono connessi per natura, o è qualcosa del mondo BDSM ad attrarre tutte queste personalità al limite della sociopatia?

C – È probabile che l’estrema attenzione che tanto i ruoli dominanti quanto quelli sottomessi (soprattutto se esibiti) richiedono, la messa in scena visiva, il senso di recita complessivo, concorrano a entrare in sintonia con quel tratto. A questo si aggiungono la dimensione del potere e quella del dolore (esercitati e subiti, con le loro valenze simboliche).

A – Un risultato quasi paradossale è che le persone intervistate non siano risultate particolarmente più sadiche o masochiste rispetto alla media. Si tratta di una conferma alla teoria secondo cui i principi di mutuo rispetto del BDSM disinnescano le tendenze patologiche?

C – Non abbiamo strumenti per affermarlo. I soggetti presentano un pattern di personalità masochistica significativamente inferiore alla media della popolazione generale e un pattern sadico-aggressivo in linea con la popolazione generale. Potrebbe essere semplicemente che un vero sadico e un vero masochista non si accontentino di una pratica che ha regole di sicurezza e quindi non frequentino luoghi in cui valgono tali regole, o anche che questi tratti profondi non si estrinsechino solamente o prevalentemente in ambito sessuale.

A – Il quadro dipinto dalla vostra ricerca conferma altri studi secondo cui chi pratica BDSM è più sereno della norma. Da cosa dipende questa felicità? Sono i giochi erotici a far vivere meglio, oppure sono le persone più in pace con se stesse a rivolgersi più facilmente a queste pratiche?

C – In realtà non si tratta propriamente di persone più felici, se non altro perché manca una definizione operazionale del concetto di felicità. Si può affermare che presentano indici relativi alle sindromi cliniche di ansia e distimia (tristezza) significativamente inferiori rispetto alla media della popolazione generale. Che questo ritratto personologico induca un determinato stile sessuale o ne sia indotto, non è un’affermazione che si possa sostenere con i dati in nostro possesso. Sarebbero inferenze senza evidenza statistica.

A – Per l’ultima domanda vi chiedo di mettere da parte i vostri ruoli professionali e rispondere solo dal punto di vista di chi ha passato settimane immerso nell’ambiente BDSM. A conti fatti, che ne pensate di questi esploratori dell’eros estremo? Sono matti o no?

C – Commentare al di là dei dati o giudicare in maniera soggettiva un ambiente chiuso e parzialmente diffidente che ci ha accolto con pazienza e senza troppo rigetto sarebbe irrispettoso e poco lungimirante. Qualunque luogo nuovo, con abitudini sconosciute e modalità espressive ignote desta allo stesso tempo curiosità e allarme in proporzioni variabili. Così è per chiunque in ogni occasione esplorativa. Diverso sarebbe affrontare un ragionamento clinico, ma quello è di matrice squisitamente individuale e personale, quindi dovrebbero chiedercelo in privato le persone interessate, non ci arroghiamo certo il diritto di etichettare aprioristicamente gruppi di persone (che peraltro in questo periodo si sono spesso divertite ad etichettare noi, cadendo nella stessa trappola che qui cerchiamo di evitare).

Ayzad. La guida per esploratori del sesso insolito


http://www.wired.it/play/cultura/2015/05/15/fa-bdsm-ricerche-unintervista/

#morning_visions #domination #domina #dominagoldy #heels #boots #slave #submissive #submission #bdsm


lunedì 24 luglio 2017

Ballgag #bdsm #domina #domination #dominatrix #dominagoldy #DG #ballgag #ballgagged #spit


50 sfumature di nero e di vero: Ayzad ci spiega il BDSM

di VALENTINA MARAN

50 sfumature di nero e di grigio hanno alzato il velo sul BDSM, Ayzad, il massimo esperto in Italia ci svela di cosa parliamo davvero.


È tornato il secondo volume di 50 sfumature e noi torniamo a parlare di BDSM: che cos'è, come si pratica, e cosa gira attorno al mondo della dominazione e dell'erotismo estremo ce lo spiega Ayzad, massimo esperto in Italia del genere.
Prima di correre a prendere fruste, manette e contratti da firmare come nel film di 50 sfumature di grigio, prima di incaprettare con un improbabile bondage mal fatto la vostra dolce (e urlante) metà, leggetevi un attimo di cosa parliamo quando parliamo veramente di un rapporto di dominazione. E vediamo come evitare errori stupidi, perché si, c'è il rischio di farne, e pure molto seri.

Ciao Ayzad, visto il momento storico direi subito di pescare nel torbido – o nel patetico, visto che a nessuno di noi due piace, ma fa tanto posizionamento seo: come 50 sfumature di nero – e prima ancora di grigio – ha contribuito a cambiare l'approccio al BDSM? È stato tutto sommato qualcosa di positivo o comunque ha creato danni nell'immaginario?
Facciamo una premessa importante: 50 sfumature non c'entra nulla col BDSM. Quando l'ho intervistata, perfino l'autrice stessa ha dichiarato che il suo intento fosse solo quello di scrivere un classico Harmony, con l'unica differenza di inserirci scene di sesso esplicito. È stata la colossale operazione di marketing globale con cui è stato lanciato a presentare un normale romanzetto rosa, con personaggi standard per quel tipo di libri, come la "grande rivelazione del mondo segreto dell'erotismo di dominazione" – con effetti sia positivi che negativi. Da una parte infatti il successo di Anastasia e Mr. Grey ha dimostrato una volta per tutte l'interesse generale verso relazioni e una sessualità diverse dal modello della coppietta da Mulino Bianco. Ciò ha reso socialmente accettabile parlare di cose che comunque il 10% degli adulti ha sempre praticato, magari ingiustamente angosciato dal sentirsi "anormale". Una maggiore accettazione della diversità fa sempre bene. D'altro canto però un'infinità di persone ingenue ha preso per buoni i deliri dei protagonisti e li ha imitati in buona fede, senza rendersi conto che si tratti di pazzi furiosi nati in un genere letterario che presenta abitualmente lo stupro come qualcosa di accettabile, chiamandolo 'seduzione forzata'. Il risultato è stato un gran passo indietro per l'uguaglianza femminile, per non parlare dei danni psicologici e fisici subiti da chi si è messo a fare BDSM improvvisato, senza un minimo di preparazione su attività dopotutto estreme. Per esempio: c'è un bell'articolo del Washington Post che dimostra come l'uscita di 50 sfumature abbia provocato un picco di ricoveri di pronto soccorso per incidenti legati a giochetti particolari. E dire che ci sono diversi manuali per principianti che permettono quantomeno di non cadere negli incidenti più comuni!


Sei il massimo esperto italiano e uno dei massimi esperti mondiali in ambito BDSM: come si svolge la vita dell'esperto? Che aspettative ha la gente da te quanto ti incontra?
Oh, conduco una vita banalissima: sveglia alle 11 con colazione servita a letto dalle mie schiave in latex e tacco 12, mezz'oretta di vasche nella piscina dell'ala ovest del castello, pomeriggio nel boudoir, poi la solita orgetta serale… No, scherzi a parte, benché qualcuno pensi davvero che sia una specie di incrocio fra Batman e Rocco le mie giornate assomigliano a quelle di qualsiasi altro studioso. La maggior parte del tempo è dedicata a informarsi, correlare informazioni e scrivere per il mio sito o un nuovo libro. La cosa più particolare che faccio è forse il personal coaching, cioè aiutare le persone a trovare la strategia ideale per risolvere problematiche legate alle sessualità alternative. Ma in effetti c'è pure l'organizzazione di eventi BDSM. E i seminari sulle varie pratiche. Uhm… Sai che, ripensandoci bene, è possibile che in effetti non sia proprio una vita così banale? Se ne vuoi leggere una descrizione parecchio romanzata puoi trovarla in Peccati originali, un romanzo noir ambientato nel mondo dell'eros estremo italiano.

Usi uno pseudonimo: quanto è importante per te la privacy?
Abbastanza. Per esempio non ho nemmeno un profilo su Facebook ma solo una fanpage. In generale, mi sembra un approccio ragionevole per non esporre inutilmente le persone che amo all'ostilità di quei pochi fanatici che però possono essere molto violenti nei confronti di chi non si conforma ai loro strambi ideali.

Quante intolleranza c'è di fronte a ciò che insegni e proponi?
Come appunto dicevo: non molta, ma ogni tanto si incappa in individui molto ignoranti, molto problematici o molto manipolati da interessi superiori, convinti di dover combattere una crociata contro "la perversione" – che ovviamente esiste solo nelle loro fantasie. L'esempio più eclatante e a conti fatti ridicolo è avvenuto anni fa, quando l'invito a tenere una conferenza in un'università di Milano ha scatenato una campagna di attacchi mediatici che m'ha perseguitato per mesi – quando il "sant'uomo" dietro all'operazione è stato nuovamente arrestato in flagranza di reato con prostituti minorenni. Ti risparmio la storia del senatore che, fra una proposta e l'altra di re-istituire il partito fascista in Italia, pretendeva che in un'altra università si vietassero lezioni sulle sessualità non normative…

Che cosa ti spaventa di più nel clima italiano in questo momento? E in quello americano?
Negli Stati Uniti c'è un sociopatico paranoico e vendicativo che per i prossimi quattro anni resterà sempre entro cinque metri dal pulsante con cui può scatenare l'apocalisse nucleare globale. In Italia abbiamo i nostri politicanti, che al confronto sembrano tutti grandi statisti. Delle due, non so quale sia la cosa più terrorizzante. Se però ti riferivi allo stato dell'educazione alla sessualità, ci troviamo senza dubbio in un momento di oscurantismo molto pericoloso per la salute collettiva e per le ricadute sociali, dalla violenza di genere allo slut-shaming*, alle cacce alle streghe. La soluzione purtroppo non verrà dalle istituzioni, quindi è più importante che mai uno sforzo "dal basso" per diffondere una cultura di sessualità etica, magari inventandoci modalità più divertenti del solito.

Secondo te quali sono i rischi, soprattutto per le nuove generazioni, nell'incontrare così facilmente materiali pornografico online? Noi sexblogger possiamo fare qualcosa per arginare o almeno per fare cultura attorno alla materia sessuale?
Il problema non è tanto il porno online, quanto la mancanza di alternative più serie da cui ottenere un'educazione sessuale. Se in famiglia e a scuola persiste la finzione che il sesso non esista e non se ne debba parlare, ben venga la pornografia con cui farsi almeno un'idea di massima! Certo bisognerebbe far passare almeno il concetto che il porno è fiction e non un documentario, e che nel mondo reale servono regole etiche, di consenso, di profilassi, eccetera che su YouPorn ovviamente non compaiono mai. Penso che i sex blogger – anzi le blogger, visto che sono quasi tutte donne – spesso si concentrino un po' troppo sul recensire vibratori ignorando tutto il resto, forse anche per mancanza di preparazione. Peccato, perché siti come i nostri sono seguitissimi e rappresentano piattaforme ideali per diffondere una cultura sana della sessualità! (N.d.A. Ce l'avrà anche con me??! )

Gestisci il Sadistique, un locale molto particolare dove chi ama il BDSM può trovare tutto ciò che desidera. Quanto è stato complicato aprirlo e che cosa ti ha dato in questi anni?
Sadistique in realtà è solo un evento mensile che organizzo a Milano in un locale gestito da altre persone. È nato dodici anni fa senza particolari problemi, come occasione di incontro per chi apprezza il BDSM o ne è solo incuriosito e vuole saperne di più. Rispetto ad altre serate sedicenti fetish o kinky è caratterizzato da un ambiente molto tranquillo, pulito e sicuro, con un'atmosfera rilassata che permette davvero di conoscersi e scambiare idee oltre che praticare i propri giochi preferiti. Ogni mese ospita una diversa mostra d'arte a tema, workshop di approfondimento, un set fotografico e altre possibilità per immergersi completamente nella cultura di un eros davvero "sano, sicuro e consensuale", come si dice. Il ritorno economico è inesistente, visti anche i prezzi ultra-accessibili – ma la soddisfazione di vedere tante persone serene e sorridenti è impagabile.

A breve terrai dei seminari alla convention sul BDSM a roma e tratteranno temi scottanti e curiosi: ce ne citi alcuni e ci anticipi qualcosa?

La Rome BDSM Convention è il più grande evento europeo dedicato alla cultura dei giochi di dominazione e sottomissione, con partecipanti da tutto il mondo e un'ottantina di workshop distribuiti su tre giorni di full immersion in un hotel poco fuori città. Io la trovo un'esperienza unica, che permette di vivere concretamente quanto più bello sarebbe un mondo in cui la sessualità venga vissuta serenamente anziché ammantandola di ipocrisie e nevrosi come si fa di solito. Per quanto mi riguarda terrò quattro lezioni su temi che vanno da argomenti base quali Consenso, Negoziazione e Safeword a soggetti ultraspecifici come l'electroplay, ma ci si può trovare davvero di tutto.

Se tu non fossi stato Ayzad e la tua vita non avesse preso questa forma, chi saresti stato?
In una vita (lavorativa) precedente sono stato a lungo un giornalista specializzato in divulgazione scientifica, ma anche un critico cinematografico, un esperto di fumetti, un programmatore di videogame… Insomma, un modo di divertirmi e far divertire credo lo avrei trovato comunque, ma per ora questo mi piace di più.

Se volete conoscere di più sul tema del BDSM vi consiglio di leggere i libri di Ayzad: sono scritti molto bene, e offrono un approccio divertente ma allo stesso tempo molto analitico su queste pratiche.

Voi come vi approcciate all'erotismo estremo? siete tra quelli che hanno emulato 50 sfumature di nero con qualche problema di ritorno?

*Il termine slut-shaming (in italiano onta della sgualdrina) è un neologismo nato in ambito filosofico femminista per definire l'atto di far sentire una donna colpevole o inferiore per determinati comportamenti o desideri sessuali che si discostino dalle aspettative di genere tradizionali o ortodosse, o che possano essere considerati contrari alla regola naturale o soprannaturale/religiosa. Alcuni esempi di comportamenti per cui le donne si dice siano sottoposte allo slut-shaming includono: violazioni del codice di abbigliamento socialmente accettato quando si vestono in modo sessualmente provocante, le richieste di accesso al controllo delle nascite, e persino l'essere violentate o aggredite sessualmente.

http://www.elle.it/blog/news/a1474926063298/50-sfumature-di-nero-intervista-ayzad-bdsm/

lunedì 17 luglio 2017

#morning_visions #bdsm #domina #domination #dominatrix #whip #dominagoldy #playtime #slave #whipping


BDSM For Beginners


Think of the things you might have learned about BDSM from Fifty Shades of Grey. OK, now forget pretty much all of that. While the books and movies got a few things right, there's a lot more to the multifaceted world of BDSM that people should know (and try out, if they're interested!).

BDSM is an umbrella term comprising the words describing the erotic practices of Bondage and Discipline (B and D), Domination and Submission (D and S), and Sadism and Masochism (S and M). Carvaka Sex Toys — creators of the informational and ultraclassy Butt Plugs 101 video — just released another instructional video that breaks down the basics of BDSM. Here's what anyone interested in delving into the kinky world should know.

Words to know:
  • Bondage — The act of tying someone up. This is done to render the submissive or "sub" vulnerable to the desires and actions of the dominant.
  • Dom — The dominant partner.
  • Sub — The submissive partner.
  • Switch — Someone who switches between the roles of dominant and submissive.
  • Discipline — When the submissive obeys the commands of the dominant.
  • Sadism — Enjoying the act of inflicting pain.
  • Masochism — Enjoying the act of having pain inflicted on you (ex: flogging, spanking).
  • Safe word — A word that is decided upon before the session and is said when the sub wants the act to stop. A safe word is used in place of "stop" because the safe word is supposed to be something that wouldn't come up naturally during a session, in order to ensure that the word, when spoken, is taken seriously and that the action is stopped.
  • Hard limit — An act that can't be tolerated and that cannot be done. Doing the action may provoke the usage of the safe word and can also end the session/relationship.
  • Soft limit — An act that stresses a sub but that he or she can "take in moderation."
And one of the most common questions: why do people enjoy bondage? Well, it's pretty simple. It's fun!

BDSM can be exciting and can even allow participants to feel like they are experiencing a new world. Many subs enjoy the feeling of security they get from being controlled, and oftentimes doms enjoy the feeling of power that comes along with being the one in control. BDSM may not be for everyone, but for many, it's the perfect way to explore their sexuality and add excitement to their sex lives and relationships.

https://www.popsugar.com/love/BDSM-Beginners-43209658

lunedì 10 luglio 2017

Non bastano due sculacciate

di ANNA MAZZOTTI

Il piacere sadomaso segue regole precise: il consenso tra Slave, la persona sottomessa, e Master, il Dominante. L’esperienza e la responsabilità. La parola in codice con la quale si può interrompere il gioco in ogni momento. Elena, una donna in cerca di emozioni (e non del principe azzurro), racconta come ha capito di essere una schiava. E perché tra Anastasia e Mr Grey non può funzionare.


Lui: «Che cosa provi?». Lei: «Mi sento finalmente libera». Lui è un Master, un «padrone», lei una Slave, una «schiava». Uno scambio che per molti può non avere senso. Ma ce l’ha per Elena, che da quindici anni pratica, nel ruolo di «sottomessa» rispetto a un Dominante, il Bdsm (per noi profani: bondage, dominance, submission, sado-masochism). Ci incontriamo a Verona, città degli innamorati, alla vigilia di San Valentino. Del resto, proprio questo periodo è stato scelto per l’uscita di Cinquanta sfumature di nero, sequel di Cinquanta sfumature di grigio, tratto dalla fortunata saga erotica che E.L. James ha dedicato a questa «variante dell’amore»: si vede che i frustini hanno affiancato le rose. Export sales manager di una grande azienda, 45 anni, capelli mori, Elena è bella, elegante, ironica abbastanza da ammettere, con un sorriso, che i pochi amici al corrente della sua vita segreta la considerano una donna perversa. E serenamente allineata alla frase del Marchese de Sade: «Se la natura disapprovasse le nostre inclinazioni, non ce le ispirerebbe».

È appena arrivato al cinema Cinquanta sfumature di nero. Che cosa pensa della storia di Christian Grey e Anastasia Steele?
«Non è credibile. Se lei non accetta la natura di lui, non possono stare bene insieme. Ed è assurdo che lui acconsenta a praticare solo il sesso “normale” per amore, perché il Bdsm è un’espressione dell’Eros: rinnegarlo significa rinnegare se stessi. Piuttosto, una vera storia Bdsm è quella di Twilight. Edward il vampiro è a tutti gli effetti un Dominante, e Bella lo vede per quello che è. Sa che potrebbe ucciderla, ma sa anche che la proteggerà sempre: il loro è un grande amore perché c’è fiducia totale. La vera tensione sta nel gioco di ruolo, non necessariamente nella pratica sessuale. Oggi che Cinquanta sfumature ha sdoganato un’idea superficiale di Bdsm, spuntano ovunque Master e Slave improvvisati, che pensano bastino due sculacciate e qualche sex toy. Ma è una finta libertà sessuale imbrigliata in un brand, non un vero e libero percorso personale alla ricerca di sé».

Ci racconti il suo, di percorso.
«Sono cresciuta in una cittadina di provincia del Nord Italia, in una famiglia borghese preoccupata solo di guadagnare e di salvare le apparenze di un ardore religioso ipocrita. Mia madre era una spietata manipolatrice di affetti. Ma quando vivi in un ambiente così rigido e disciplinato, con intere giornate trascorse in solitudine, in qualche modo ti arricchisci: osservavo me stessa e gli altri, e leggevo. Due libri sono stati determinanti: L’amante di Lady Chatterley, di D.H. Lawrence, e Niente e così sia di Oriana Fallaci, da una parte la descrizione dell’erotismo, dall’altra la sofferenza. Fin da piccola ho capito che il mio rapporto con il dolore era diverso da quello degli altri. Non lo temevo, non piangevo, volevo anzi sentirlo, chiusa in un mondo tutto mio, e vedere fino a che punto potevo arrivare: c’è un picco altissimo, che sembra insopportabile, superato il quale non senti più nulla, e anzi stai bene e provi sensazioni fortissime. Alla fine ho capito che ero masochista. Ma al mondo Bdsm sono arrivata molti anni più tardi».

Come?
«Sono cresciuta, mi sono sposata. Non per amore: ancora oggi non so bene che cosa sia l’amore per un uomo, conosco quello incondizionato per i miei figli, ma con gli uomini ho provato solo passioni molto forti. Non con mio marito, comunque. L’ho scelto solo perché mi sembrava adeguato, perché mi ricordava mia madre: manipolatore, rigido, frustrato, nascosto dietro una corazza di valori autoimposti. Sembrerà strano, ma la svolta è arrivata guardando una trasmissione in Tv. Si parlava di un viaggio a Cuba che veniva descritto come un’evasione da tutto, dalle istituzioni, dai valori. Sono come entrata in trance, mi è scattato dentro un desiderio di fuga, e in pochi giorni ho chiuso il mio disastroso matrimonio. Mi sono ritrovata sola, con due figli da crescere, il lavoro da riprendere, e la voglia di appropriarmi finalmente della mia libertà».

Ma come è diventata una Slave?
«Per caso. Durante una riunione di lavoro, mi sono trovata a fare da interprete a un dirigente molto affascinante, dai modi distaccati. A un certo punto gli è caduta a terra la penna: mi ha fissata con uno sguardo ipnotico e mi ha ordinato di raccoglierla. Mi ha colpita come un fulmine. Avrei potuto ribellarmi, ma ho sentito il bisogno di essere sottomessa, di compiacerlo. Lui mi ha ringraziato, mi ha detto che in poche l’avrebbero fatto, e che ero speciale. Non è successo altro, ma è stata una folgorazione. Mi sono avvicinata agli ambienti Bdsm su internet e, chattando con un Master, ho capito che io, da sempre, volevo essere una Slave: una persona che si dedica totalmente a un Dominante, ma che lo fa soprattutto per dare piacere a se stessa. Non una serva, ma una serva che si dedichi totalmente al compito che le viene assegnato, e quanto più è vero e profondo il piacere che prova nel farlo, tanto più intenso lo sarà per il Master. Tra loro due c’è un’osmosi, e la magia sta nella consensualità. Altrimenti sono rapporti sbagliati, di manipolazione, di squilibrio».

Scusi ma fatico a concepire un piacere nel dolore.
«Nelle persone come me c’è. Inizia come fatto mentale, ma diventa fisico perché, quando i recettori del dolore superano una certa soglia, entra in circolo una quantità di endorfine capace di provocare un appagamento non paragonabile a quello dei rapporti tradizionali. È un fatto personale, così come è personale la soglia. Il Dominante deve avere esperienza e responsabilità: un Master improvvisato può essere pericoloso. Si tratta sempre di un rapporto consenziente, e c’è una safeword, una parola in codice per interromperlo in qualsiasi momento».

Una Slave è sempre masochista?
«Non necessariamente. Io stessa, dopo aver ricercato per anni il dolore fisico, oggi trovo più appagante la dominazione psicologica».

Con un Master come vi riconoscete? Dove vi incontrate?
«Di solito in chat, ma può capitare di riconoscere un Master anche in contesti “normali”. Ha sempre certe caratteristiche. Deciso, diretto, non ha paura di sostenere uno sguardo, non dà spiegazioni, è abituato a gestire il potere e lo stress, spesso ha un lavoro importante. Può vestire elegante o casual, ma risulta sempre a proprio agio, mai fuori posto. Non è frustrato, non parla molto di sé. E mi riconosce come Slave, penso, perché fin dal primo incontro non gli do l’impressione di volerlo regolare o limitare».

Un maschio alfa?
«Diciamo orgoglioso della sua mascolinità – così come io sono orgogliosa della mia femminilità – ma come ruolo più che come ostentazione. Per esempio, se al ristorante lui vuol fare alla romana, è un Master fasullo. Un vero Dominante ti protegge, ti accudisce, nell'organizzazione dell’appuntamento si occupa di tutto lui. Tu devi solo concentrarti sulla preparazione – a volte inizio giorni prima – e soddisfare le sue richieste: un trucco, un profumo speciale, un dettaglio nell'abbigliamento».

Per esempio?
«Il reggicalze con le calze in seta, il corsetto. Una volta mi è stato detto: voglio solo le scarpe. Le scarpe sono importanti, però bisogna saperci camminare bene».

Si può avere un fidanzato o un marito e contemporaneamente un Master?
«Si può, ma non fa per me, io mi dedico a un uomo per volta. Lui, in compenso, può essere libero o sposato: non cambia, per quanto mi riguarda. Accetto anche storie parallele da parte sua, purché me le racconti: non mi dà fastidio se mi rende partecipe. Non ero gelosa neppure da sposata, del resto: mi sono arrabbiata per il tradimento di mio marito non per il fatto in sé, ma perché non me lo aveva detto. Da un uomo cerco complicità, detesto mentire e detesto che mi si menta».

Può capitare di innamorarsi?
«Io cerco emozioni, non principi azzurri. La mia famiglia sono i miei due figli, ho un lavoro impegnativo, non c’è posto per un uomo. Forse una storia d’amore tra Master e Slave potrebbe funzionare se entrambi riuscissero a essere autentici e a non nascondersi nulla, senza gelosie né ricatti, ma dove sono gli uomini così? Anche quelli che parlano di coppia aperta alla fine vogliono decidere con chi devi stare e con chi no. Meglio, allora, rimanere dentro la bolla che ci creiamo intorno con i nostri ruoli. Un legame emotivo si sviluppa, ma solo nei confini di quell’ambito, poi ognuno torna alla sua vita: non ci penso nemmeno ad andare con lui a far la spesa, o al cinema. Non ci uscirei tutti i giorni, neppure gli racconterei quello che mi accade nel quotidiano. Capita di telefonarsi, certo, e di scambiare messaggi. Con i miei ex Master ho anche mantenuto un rapporto di amicizia: in fondo sono i soli a conoscermi davvero».

Quanti ne ha avuti?
«Due importanti: con gli altri erano solo giochi erotici. Ora ne ho uno, ma è ancora in prova».

Qual è la prova più difficile che un Master le ha inflitto?
«Guardi che la Slave non è una povera disgraziata che si lascia usare come posacenere e tirare al guinzaglio. O meglio, può farlo, ma solo se è il mezzo per superare un blocco e poi evolversi. Una volta, per esempio, il mio Master mi ha pubblicamente legata e fustigata in un locale. Sono l’opposto dell’esibizionista, e pensavo che sarei morta per l’imbarazzo, ma lui ha scelto il modo e il tempo giusti. Mi ha bendata prima, solo alla fine mi ha permesso di vedere il pubblico, e vedere il loro apprezzamento, sapere di aver superato un mio limite mi ha riempito di orgoglio. Come quando, da claustrofobica, sono stata rinchiusa per 24 ore in una gabbia. Ho incontrato i miei fantasmi, affrontato le mie paure e superato la claustrofobia: oggi non ne soffro più. Non ero stata abbandonata, il Master mi era sempre stato accanto, e alla fine mi ha premiata. Come un coach speciale: capisce chi sei, ti protegge da te e dagli altri per plasmare la tua esperienza. La prova più dura per me, però, la devo ancora superare».

Quale sarebbe?
«Parlare in pubblico, davanti a mille e più persone, per un’ora intera. Cerco un Dominante che me lo ordini, e che mi liberi dalle mie inibizioni».

https://www.vanityfair.it/benessere/sesso/17/02/18/sesso-sadomaso-sottomissione-slave

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lunedì 3 luglio 2017

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“A Humble Bow (Un Umile Inchino)” di Tomaso Clavarino



Un viaggio in un mondo nascosto, fatto di catene, corde e vestiti di latex. Due anni di lavoro in giro per l’Italia tra party privati, incontri occasionali, appartamenti e alberghi. Tomaso Clavarino (Torino, 1986) è un fotografo documentarista che si è sempre occupato di diritti umani, conflitti, tematiche sociali, lavorando per prestigiose testate nazionali ed internazionali (Newsweek, Vanity Fair, Der Spiegel, Washington Post). “A Humble Bow (Un Umile Inchino)” è il titolo del progetto fotografico dedicato all’universo del BDSM (Bondage, Disciplina, SadoMasochismo): una sessantina di fotografie raccolte nel volume pubblicato dall’editore portoghese The Unknown Books, venti delle quali sono diventate una mostra ospitata dalla galleria d’arte Paolo Tonin (fino al 21 febbraio) ed organizzata come un evento collaterale alla rassegna internazionale sul cinema erotico Fish&Chips Film Festival. Fotografie che turbano e disturbano e che aprono uno squarcio su un universo sommerso che viene solitamente rappresentato in modo stereotipato.

“A Humble Bow (Un Umile Inchino)” , il progetto fotografico di Tomaso Clavarino sul mondo BDSM

Perché un fotografo che ha realizzato reportage in Europa, Africa e Nord America, occupandosi sempre di conflitti e diritti umani, decide di dedicarsi a un mondo così particolare come quello del bondage e del sadomaso?
«Da un po’ di tempo desideravo affiancare al mio lavoro quotidiano dei progetti più personali da poter sviluppare sul lungo periodo. Lavorando per i media prevale un’informazione veloce, c’è poco tempo da dedicare alle singole storie e questo fa sì che sia difficile entrare davvero nelle realtà che si vogliono raccontare. Per andare in profondità occorre calarsi dentro per un certo arco di tempo. Questo progetto sul BDSM l’ho iniziato quasi per caso, perché mi incuriosisce il substrato culturale e sociale del nostro Paese, soprattutto laddove va a scontrarsi con l’anima più bigotta e conservatrice. Siamo bombardati di preconcetti, mentre io volevo indagare ciò che sta sotto la facciata di quello che leggiamo sul BDSM. Non avevo alcuna conoscenza di questo mondo, non ne facevo parte, così ho iniziato a navigare sul web dove esistono numerose chat e forum per gli appassionati del genere, quindi ho iniziato a contattare le persone dicendo subito con chiarezza chi ero e cosa volevo fare. Poco per volta si sono sviluppati rapporti di fiducia, e questa è la cosa più importante dal punto di vista fotografico. Per un fotografo documentarista come me che crede nell’empatia come strumento e obiettivo del lavoro fotografico, è determinante instaurare un rapporto di fiducia con i soggetti che si vogliono fotografare, ancor di più se affronti un tema così hard. È un lavoro che ha richiesto due anni, tra ricerca, contatti e tempo necessario a instaurare un rapporto di fiducia per poi poter iniziare a scattare.»

Chi sono i protagonisti delle tue foto? Che cosa è il BDSM dal punto di vista sociale e geografico?

«Il mondo BDSM è decisamente eterogeneo, troviamo un po’ di tutto, direi più uomini che donne, nel Nord Italia è più sviluppato e strutturato, da Torino a Milano fino a Venezia, con Bologna come epicentro perché lì si registra un particolare fermento. Per quanto riguarda le classi sociali si va dall’operaio al programmatore informatico, dall’avvocato al manager, anche se sicuramente molti dispongono di un buon reddito, visto che partecipare a feste private o andare da una mistress comporta dei costi.»

Perché il titolo “A Humble Bow”?

«In un forum mi sono imbattuto in un messaggio di uno ‘schiavo’ alla sua Mistress che si concludeva con queste parole: “un umile inchino”. Una frase che mi ha colpito, e che contrasta anche con quanto emerge dalle mie foto, perché in un mondo che appare come fatto di violenza e rapporti duri e crudi, alludeva a una qualche dolcezza, a dei sentimenti che effettivamente esistono. BDSM non vuol dire “vado a farmi gonfiare di botte e faccio un po’ di sesso”. Leggiamo molto sul BDSM, ma la realtà di questo mondo ‘nascosto’ è decisamente diversa da come ci viene normalmente presentata.»

“Nel BDSM ciò che conta non è il sesso in quanto tale, ma il rapporto di dominanza tra due persone”

Nei tuoi scatti non c’è esibizione di nudo. Il BDSM ha a che fare più con il potere e la denominazione che con il sesso?
«Non volevo dare vita ad un lavoro voyeuristico o rendere queste persone delle macchiette. Il primo stereotipo che emerge dalla narrazione sui media è che si tratti di pervertiti dal punto di vista sessuale. Cosa falsa, non solo perché non sono dei pazzi, degli psicopatici con deviazioni sessuali, ma perché nel mondo BDSM non esiste il rapporto sessuale o, meglio, quelle pratiche non sono finalizzate al rapporto sessuale. Non è quello ciò che conta, ma il rapporto di dominanza tra due persone. Un rapporto ben definito, anche se non ci sono contratti firmati come in Mille sfumature di grigio, ma ci sono regole ben chiare, codici, parole d’ordine che si usano quando ci si deve fermare, non si oltrepassa mai il limite, c’è un profondo rispetto tra le persone. Più che il sesso, c’è la sessualità. Ciò che conta sono la dominazione e la sottomissione, sia fisica sia psicologica, tra due persone, il poter disporre, in certi contesti e in certi momenti, di una persona nella sua totalità. Una persona che ti si dedica o a cui dedicarsi in modo totale. Per qualcuno il BDSM è parte della propria sensualità nella sua interezza, per altri un percorso per scoprire nel profondo la propria sessualità ed andare alla ricerca del proprio Io, per alcuni è uno stile di vita oppure un gioco. Fantasia e humour sono alla base del BDSM, e molte delle pratiche, che al di fuori di un contesto di consensualità sarebbero trattate come violenza sessuale, diventano qui una fonte di mutua soddisfazione e stimolazione per la costruzione di più profonde relazioni interpersonali. Con i miei scatti volevo raccontare le dinamiche interpersonali e psicologiche che si vengono a creare, il nudo in sé non mi interessava in quanto non mi dava nulla in più rispetto a quanto mi premeva narrare.»

www.toningallery.com

www.tomasoclavarino.com


Tomaso Clavarino (Torino, 1986) è un fotografo documentarista che si è sempre occupato di diritti umani, conflitti e tematiche sociali

di Emanuele Rebuffini

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